Lavorare con altre culture: una questione di fiducia

Cosa lega i rapporti di lavoro più di ogni altra cosa?

La fiducia.

Una volta stabilita, la fiducia facilita le negoziazioni perché si impiega meno tempo ed energia nell’analisi del potenziale cliente o partner d’affari.

Ma come nasce?

Non da una stretta di mano o dal semplice passaparola. E le cose diventano più complesse quando si intende avviare una collaborazione con qualcuno di un’altra cultura.

Allora come si decide di fidarsi di un potenziale partner estero per stabilire un rapporto di lavoro?

Tutto varia in base ai fattori culturali e dipende da quanto si è incline a fidarsi degli altri nei rapporti sociali quotidiani.

Le differenze culturali influiscono sulla percezione della fiducia

Europa e Nord America

Le culture occidentali tendono a fidarsi del prossimo fino a prova contraria, anche in ambito lavorativo. Nonostante tale apertura nei confronti dell’altro, in genere si predilige verificare l’affidabilità di un potenziale partner o cliente o la credibilità di un’azienda.

Inoltre si preferisce separare l’aspetto personale da quello lavorativo. Pertanto la cordialità reciproca e la simpatia dell’interlocutore d’affari non corrispondono necessariamente a un rapporto solido: la sfera sociale è scissa da quella professionale.

Un rapporto cordiale va a beneficio di entrambe le parti, però non è la condizione essenziale per una collaborazione.

Estremo Oriente

In Estremo Oriente, la fiducia si basa sulla reputazione: occorre verificare la reputazione di un potenziale partner d’affari prima di avviare un’eventuale collaborazione.

Per farlo, un’azienda giapponese o coreana tende a fidarsi di quest’ultimo se c’è una terza parte coinvolta, nota a entrambe le parti. È essenziale non perdere la faccia, quindi la reputazione va preservata.

Poi occorre verificare le competenze.

Dato che queste culture non tollerano un no esplicito, talvolta tendono ad affermare di essere in grado di svolgere determinate mansioni o attività. Così occorre metterle alla prova dei fatti e appurare se tali competenze sono reali.

In caso di esito positivo, il passo successivo è socializzare: una cena d’affari dopo un incontro importante e le occasioni conviviali vengono incoraggiate per unire la sfera sociale a quella professionale.

Medio Oriente

Il rispetto è alla base della fiducia. Anche se l’altro non condivide i propri valori, ciò non impedisce di instaurare un rapporto di lavoro. La condizione fondamentale è mostrare rispetto per tali valori, benché non condivisi.

Come per le culture dell’Estremo Oriente, si verifica la reputazione di un potenziale partner o cliente prima di avviare una collaborazione. Le informazioni positive raccolte devono essere verificate, non vengono date per scontate.

Poi il rapporto si consolida confrontandosi su altri argomenti che esulano dal rapporto d’affari. Non si tratta soltanto di convenevoli, ma di un effettivo scambio di punti di vista in un contesto di convivialità.

America Latina

Il rapporto sociale precede quello professionale. Si cercano le similitudini, i valori condivisi, basando poi la collaborazione su tali affinità.

La fiducia si costruisce parlando ad esempio delle proprie famiglie o dei propri interessi, ossia ricorrendo ad argomenti in cui è difficile non essere sinceri. Dall’apertura e dalla trasparenza dimostrata in questo modo, nasce la fiducia necessaria per parlare di lavoro soltanto in un secondo momento.

Paese che vai

Ovviamente si tratta di principi generali per capire come muoversi. La loro rilevanza dipende dal caso specifico, dalla cultura di chi hai di fronte, dal settore merceologico.

Ma alla base della fiducia ci sono sempre questi quattro elementi: rispetto, reputazione, apertura e competenze.

Chi ha paura dei numeri?

La localizzazione è l’adattamento di un testo (o di un sito web, un’applicazione, un prodotto) alle aspettative linguistiche e culturali di una cultura specifica.

Quando si vende un prodotto all’estero, occorre adattarlo al target di riferimento, che ha esigenze comunicative diverse rispetto a quelle del contesto di origine.

Ecco alcuni interventi tipici nella localizzazione di un contenuto per un’altra cultura:

  • sostituire le valute e le unità di misura
  • aggiornare le foto e i colori del materiale promozionale con immagini più familiari e colori più idonei
  • modificare il formato delle date e degli indirizzi
  • cambiare il layout o il design di un sito web
I numeri nei nomi di prodotto

La localizzazione può interessare anche i nomi dei prodotti commercializzati.

I numeri sono spesso presenti nei nomi di prodotto. Il primo esempio che può venire in mente è il profumo Chanel n. 5.

I numeri contraddistinguono soprattutto i nomi dei diversi modelli di un prodotto tecnologico, come lo smartphone.

Andiamo nel dettaglio e consideriamo i modelli di iPhone.

Hai mai fatto caso che dopo l’iPhone 8 è uscito l’iPhone X? E il modello numero 9?

Ecco i motivi culturali.

Evitare il numero 9 è stata una scelta deliberata della Apple in questo caso, proprio come fanno altre aziende quando lanciano prodotti sul mercato internazionale. Esattamente come Microsoft che, dopo Windows 8, ha introdotto Windows 10.

Due esempi eclatanti: il numero 4 e il numero 9

Dal punto di vista del marketing, alcuni numeri sono volutamente assenti sul mercato perché potrebbero creare problemi di carattere culturale all’estero.

In Giappone, il numero 9 si pronuncia “ku” o “kyu”, il cui suono ricorda quello della parola “sofferenza” o “tormento”. Dato che il Giappone è tecnologicamente all’avanguardia, ha senso che giganti come Apple e Microsoft abbiano preferito evitare gaffe culturali. Insomma, una strategia da tener presente.

E il 4?

In coreano e per molte culture asiatiche, il numero 4 si pronuncia “si”, omofono della parola che significa “morte”.
L’avversione per il 4 è talmente diffusa in Cina, Taiwan, Corea e Giappone che si parla di una vera e propria fobia: la tetrafobia. Così in molti edifici non esiste il quarto piano.

I numeri sfortunati più famosi: il 13 e il 17

Il discorso è analogo a quello che facciamo in Italia con il numero 17, considerato un numero sfortunato perché il corrispondente numero romano, XVII, è l’anagramma di VIXI (“vissi”), che appariva come epigrafe su molte tombe romane.

Per le culture occidentali il numero universalmente associato alla sfortuna è il 13. L’origine più nota di questa superstizione è legata alla tradizione cristiana secondo cui Giuda Iscariota, che tradì Gesù, era il tredicesimo commensale dell’Ultima Cena.

La paura per il numero 13 è radicata nella cultura popolare occidentale. Esistono film al riguardo e alcune compagnie aeree, come Air France e Ryanair, non prevedono una fila 13 sui loro voli.

I numeri e la localizzazione: tiriamo le somme

Nel mercato globale, l’adattamento di prodotti, marchi e contenuti ai valori e alle tradizioni delle culture locali ha un valore immenso.

Come hai letto, bisogna tener conto anche dei numeri e del significato che assumono in altre culture.

Mostrare cura e rispetto per le tradizioni culturali è una marcia in più per aziende di qualsiasi dimensione che intendono internazionalizzare la propria attività.

Perché affidarsi allo stesso traduttore professionista

Quando collabori con un traduttore professionista per la prima volta, crei una relazione di fiducia reciproca.

Il preventivo, il lavoro consegnato con puntualità, la fattura e il pagamento sono soltanto quattro passaggi che fanno parte di un rapporto più articolato e stimolante sia per il fornitore che per il cliente.

Se vuoi internazionalizzare la tua attività, sai che parte del lavoro consiste nel presentare una versione multilingue del materiale promozionale della tua azienda:

  • il sito web aziendale
  • le descrizioni prodotto
  • i cataloghi
  • i contenuti dei social
  • la newsletter

Il tuo obiettivo è promuovere la tua attività, i tuoi prodotti e/o servizi anche all’estero?

Il traduttore professionista ti aiuterà in questa impresa. Dovresti rivolgerti a un traduttore specializzato nel settore del marketing, visto che i traduttori professionisti non sono tuttologi, bensì si specializzano in determinati settori.

Dopo il briefing iniziale, un altro passaggio da non trascurare è l’invio di materiale di riferimento, come i glossari e la guida di stile. Se li hai a disposizione, è fondamentale inviarli al traduttore, che seguirà le istruzioni per garantire la coerenza stilistica e terminologica dei tuoi contenuti.

Alla fine del lavoro, il cliente soddisfatto tende ad affidarsi nuovamente allo stesso traduttore professionista per altri incarichi.

Potresti essere tentato a scegliere un fornitore che applica tariffe più basse, ma in questo modo correresti diversi rischi. Ad esempio, dovresti ricominciare il processo di ricerca dall’inizio, dalla richiesta di preventivo all’invio del materiale di riferimento, allungando le tempistiche (che, confessa, sono sempre molto ridotte).

Oltre alla qualità della traduzione, ricorda altri fattori. Il traduttore a cui ti affidi:

  • diventa la voce del tuo brand. E non puoi cambiare voce in continuazione, andando a scapito dell’uniformità di stile dei tuoi contenuti;
  • assicura la coerenza della terminologia utilizzata da un incarico all’altro;
  • acquisisce una familiarità crescente con i tuoi contenuti, i tuoi prodotti e la tua azienda.

Lavoro come traduttrice freelance dal 2014 e, collaborando con alcuni clienti ormai da anni, è inevitabile provare empatia nei confronti dello sviluppo della loro attività: i traguardi raggiunti, la crescita all’estero, i successi da loro ottenuti mi gratificano, perché ho dato il mio contributo e li aiuto a raggiungere i risultati che desiderano per l’espansione della loro attività.

Si tratta di un rapporto vincente: grazie al traduttore professionista, raggiungi nuovi mercati, contatti un numero maggiore di utenti, aumenti il numero di clienti e le vendite dei tuoi prodotti all’estero.

Quando si collabora, i successi intellettuali di una persona stimolano la passione e l’entusiasmo degli altri collaboratori.

Alexander Von Humboldt

3 consigli per l’email marketing multilingue

Nonostante la popolarità dei social media, l’email marketing resta uno strumento molto efficace per convincere gli utenti che ricevono messaggi commerciali ad acquistare i servizi e prodotti proposti nella email.

Le email di massa, indifferenziate e molto frequenti continuano a suscitare diffidenza e a essere considerate come posta indesiderata, perché urlano il messaggio “vendere, vendere, vendere!” suscitando l’effetto opposto a quello desiderato.

Ma una strategia oculata di email marketing può essere di successo se i messaggi promozionali sono personalizzati in base ai destinatari.

Consideriamo l’email marketing multilingue.
Un’azienda adotta questo approccio per inviare messaggi commerciali a utenti web al di fuori dei confini nazionali al fine di consolidare il suo processo di internazionalizzazione.

Un elemento appare scontato: il contenuto deve essere tradotto, altrimenti l’iniziativa è inutile. Quindi un’azienda italiana non può inviare una newsletter in italiano a utenti che parlano lingue diverse e pretendere un riscontro positivo con conseguente acquisto da parte dell’utente.

1. Scegli il tuo target

I visitatori del tuo sito web non sono soltanto della tua nazionalità, ma anche utenti stranieri che vivono in altri Paesi e parlano altre lingue. Puoi scoprirlo analizzando su Google Analytics le statistiche delle visite del tuo sito: ricaverai informazioni sulla lingua degli utenti, la loro provenienza geografica e le pagine visitate.

Quando ti rendi conto che i visitatori del tuo sito vivono anche all’estero, capisci che una campagna di email marketing deve considerare il fattore linguistico. Allora fai tradurre la tua newsletter in inglese.
Per carità, rivolgiti a un traduttore professionista. Non vorrai certo affidare a Google Translate un messaggio commerciale che debba invogliare l’utente all’acquisto! Il risultato deprimente della traduzione automatica farà scappare l’utente, che ti etichetterà come spam.

Però l’inglese non basta. Se con le statistiche di visite del tuo sito hai scoperto che hai molti visitatori in Russia o in Francia, traduci i tuoi contenuti in russo o in francese. Così incoraggerai l’utente a effettuare l’acquisto.
È una questione di fiducia: circa il 55% degli utenti effettua acquisti online quando le informazioni sono presentate nella loro lingua.

2. Non solo traduzione: localizza la campagna di email marketing

Tradurre il contenuto di una newsletter non basta. È necessario adattare il messaggio (testi, immagini, valute, unità di misura) alla cultura di riferimento, perché alle differenze linguistiche si aggiungono le differenze culturali fra utenti che parlano lingue diverse e vivono in Paesi diversi.
Quindi la localizzazione è indispensabile.

Supponiamo che tu abbia un e-commerce di prodotti cosmetici e che tu voglia lanciare un’offerta promozionale con una campagna globale di email marketing in occasione della Festa della Mamma. In Italia e in molti altri Paesi questa ricorrenza è celebrata la seconda domenica di maggio, ma nel Regno Unito si festeggia molto prima (la quarta domenica di Quaresima) e in Francia alcune settimane dopo (fine maggio).
Avrebbe senso lanciare un’offerta del genere in questi due Paesi in concomitanza con la Festa della Mamma in Italia?
No. Anzi, dimostreresti di non conoscere la differenza temporale di questa ricorrenza e quindi di non conoscere il tuo pubblico.

3. Considera il fuso orario per la programmazione

Sì, considera il fuso orario. Se vuoi inviare una newsletter agli utenti in Cina, cerca di rispettare gli orari locali. L’utente è più diffidente se gli arriva una email alle 2 di notte e magari tenderà a considerare quel messaggio di posta elettronica come spam.
Per aumentare il tasso di apertura della tua newsletter, fai in modo di inviarla a un’ora adeguata.

L’email marketing multilingue non deve essere sottovaluta. Al contrario, può influire molto sull’aumento dei profitti della tua attività… se utilizzi questo strumento correttamente.

La traduzione automatica penalizzata: Google contro Google Translate

Google che penalizza Google Translate? Potrebbe sembrare un paradosso, ma è la realtà. La traduzione automatica non piace neppure al motore di ricerca più usato al mondo.

Hai investito una bella quantità di soldi per realizzare il tuo sito web, magari hai pagato un copywriter per scrivere i contenuti, scegliendo le parole più efficaci per conquistare gli utenti e convertirli in clienti, così da aumentare le vendite.

Vuoi internazionalizzare la tua attività, intercettando potenziali clienti all’estero grazie al sito aziendale multilingue.

Ma vuoi risparmiare sulla traduzione e, invece di rivolgerti a un traduttore professionista, preferisci affidare la traduzione del sito aziendale a Google Translate.
Complimenti! Hai appena scelto l’opzione peggiore.

E il motivo è molto semplice.
Frasi senza senso, errori imbarazzanti, traduzione approssimativa che fa fuggire gli utenti dal sito. Sono queste le caratteristiche di un sito tradotto con Google Translate.

Affinché le pagine vengano indicizzate da Google per farti trovare dai potenziali clienti, la qualità dei contenuti del sito è un fattore determinante.
Invece un sito multilingue tradotto con Google Translate ti offre un pessimo scenario.

La traduzione automatica è il male:
  • diminuisce la credibilità del sito
  • dimostra un approccio poco professionale di chi ne fa uso
  • riduce l’autorevolezza dell’azienda che ha tradotto il proprio sito con Google Translate

Inoltre la traduzione automatica è una pratica che danneggia la SEO, penalizzando il posizionamento del sito web che, secondo Google, presenta “contenuti generati automaticamente”, i quali violano le linee guida di Google.

La qualità della traduzione deve essere la tua priorità. Allora cerca di capire una volta per tutte che Google Translate è l’opposto della professionalità e può danneggiare la tua azienda.

Se vuoi tradurre un sito web (e non solo), scegli un traduttore freelance o un’agenzia di traduzione che possiedono conoscenze linguistiche, tecniche e culturali che nessuna macchina può riprodurre.

In quali lingue tradurre il proprio sito?

Tradurre il proprio sito in più lingue è una strategia utilissima per raggiungere un bacino di utenti e potenziali clienti più ampio.
La traduzione multilingue di un sito web permette di affacciarsi su una fetta di mercato ben più vasta rispetto a quella nazionale, creando un maggiore potenziale di vendite e profitti per un’azienda, un’attività imprenditoriale e soprattutto per un sito e-commerce.

Ma come scegliere le lingue in cui tradurre il proprio sito?

Secondo un recente studio, il sito web dovrebbe essere tradotto in almeno 16 lingue per raggiungere un’utenza mondiale. Ovviamente un’impresa del genere è titanica, costosa e difficilmente realizzabile. In verità, basta scegliere con accortezza le lingue straniere in cui tradurre (e localizzare!) il sito aziendale.

L’inglese è indispensabile. Qualsiasi azienda che intende tradurre il proprio sito aziendale in più lingue deve necessariamente optare per l’inglese.

E le altre lingue?
Tutto dipende dagli obiettivi e dalle strategie aziendali finalizzati all’internazionalizzazione dell’attività. Per scegliere le lingue (oltre l’inglese) in cui tradurre il proprio sito, bisogna considerare alcuni fattori.

  • Se l’azienda vende già all’estero, analizza i mercati stranieri in cui l’attività commerciale è già operativa grazie ai distributori o agli agenti locali. Scegli quindi di tradurre il sito aziendale nelle lingue locali dei Paesi di riferimento.
  • L’azienda muove i primi passi di internazionalizzazione e intende espandersi in altri mercati oltre i confini nazionali. Studia le opportunità commerciali più profittevoli all’estero e cerca clienti e consumatori stranieri di quelle nazioni, traducendo di conseguenza il sito nelle lingue delle aree geografiche target.
  • Monitora il traffico web. Esistono strumenti ad hoc (come Google Analytics) per analizzare le statistiche di un sito web, permettendo di rilevare alcune informazioni sugli utenti del sito, come la provenienza geografica, le lingue parlate, le pagine più visitate. Alla luce di questi dati, puoi tradurre il sito nelle lingue più popolari secondo le statistiche rilevate.

Per scegliere le lingue in cui tradurre il proprio sito, non bisogna dimenticare altri aspetti che possono guidarti nella decisione:

  • Gli utenti stranieri iscritti alla tua newsletter.
  • I follower stranieri dei profili aziendali sui social network.
  • I consumatori e clienti stranieri incontrati in fiera.

Un ultimo suggerimento.
Dopo aver deciso di mettere online un sito multilingue, evita di utilizzare le bandierine come punto di accesso alle versioni multilingue del tuo sito.
Ad esempio, il francese non è solo la lingua della Francia, ma è una lingua diffusa anche in Canada, Belgio, Svizzera e alcuni Paesi nordafricani. Quindi se identifichi la versione francese del tuo sito con la bandiera della Francia, è come se stessi escludendo gli altri utenti francofoni.
Per evitare di cadere in questa trappola e rivolgerti a una maggiore utenza, al posto delle bandierine utilizza le iniziali delle lingue di riferimento: EN per l’inglese, FR per il francese, ES per lo spagnolo…

Una lingua ti apre un corridoio per la vita. Due lingue ti aprono tutte le porte lungo il percorso.
Frank Smith

8 consigli per lavorare al meglio con un interprete

Hai mai lavorato con un interprete?

Oltre a scegliere il professionista che ben si adatta alle tue esigenze per la combinazione linguistica, la specializzazione e il servizio di interpretariato richiesto, dovresti tenere a mente alcuni aspetti per lavorare al meglio con un interprete.

Se hai bisogno di un interprete professionista per una trattativa commerciale, un evento o una fiera di settore in cui incontrerai potenziali buyer o partner stranieri per internazionalizzare la tua attività, ti suggerisco di seguire questi consigli per facilitare il lavoro.

Prima dell’evento

1. Organizza un incontro con l’interprete finalizzato alla conoscenza reciproca e a trasmettere le informazioni necessarie allo svolgimento del lavoro. In questo modo ponete le basi per stabilire un rapporto di fiducia.

2. L’incontro con l’interprete dovrebbe avere luogo diversi giorni prima dell’evento di lavoro, affinché l’interprete abbia il tempo di prepararsi adeguatamente.

3. Illustra il programma della giornata e, se possibile, fornisci materiale di riferimento.

Durante l’evento

4. Stabilisci il contatto visivo con il potenziale partner straniero e parla direttamente a lui. Anche se non comprende la tua lingua, devi interagire con lui e non parlare soltanto con l’interprete, finendo di fatto per escludere il tuo interlocutore.

5. Usa un ritmo e un tono di voce adeguato.

6. Non parlare troppo velocemente.

7. Assicurati di fare frequenti pause per dare all’interprete il tempo necessario a memorizzare e tradurre le informazioni.

8. Non commettere errori di comunicazione interculturale che potrebbero compromettere la trattativa.

Al termine della trattativa commerciale, resta in contatto con l’interprete per comunicare il tuo feedback sull’evento. E non dimenticare di saldare la sua fattura.

Se sei soddisfatto dell’esito del lavoro, magari potresti contattare l’interprete anche in altre occasioni future e avviare una bella collaborazione.

tempo differenze culturali

Il tempo come fattore interculturale

Il tempo è un aspetto complesso della comunicazione interculturale.
La puntualità e le sue variabili, il multitasking, l’organizzazione rigorosa della scaletta e dell’ordine del giorno: questi elementi cambiano da una cultura all’altra e hanno un peso notevole nelle trattative.

Ad esempio, io sono una persona che non tollera i ritardi. La puntualità è un requisito che ritengo essenziale nei rapporti interpersonali e, a maggior ragione, nel contesto lavorativo.

Quindi conoscere la concezione del tempo tipica di una cultura significa imparare a gestire un fattore delicato ed evitare incomprensioni che influenzano i rapporti professionali.

Il tempo è denaro?
  • Per gli occidentali, in particolare gli americani, il tempo è denaro: si va dritti al punto, al cuore della questione. In una trattativa non bisogna perdere tempo.
  • Per i russi il passaggio dai convenevoli ai discorsi di lavoro è proposto da chi occupa la posizione gerarchica più elevata.
  • Per molte culture orientali e latinoamericane è invece indispensabile lasciare spazio ai convenevoli prima di andare al punto.
  • Anche gli indiani e i nordafricani considerano i convenevoli come una dimostrazione di rispetto e interesse reciproco. Quindi se l’occidentale va dritto al punto, il nordafricano, l’asiatico e il latinoamericano avvertono questo approccio come un’offesa.

Come vedi, la situazione è decisamente ricca di spunti.

Ti piacerebbe approfondire l’argomento?

La gestione del tempo è un aspetto che ho approfondito ne La tua Guida Pratica alla Comunicazione Interculturale.

Hai ancora un paio di giorni di tempo per avere La tua Guida Pratica alla Comunicazione Interculturale a prezzo scontato. Che ne diresti di approfittarne subito?

Comunicazione interculturale: non fare questa gaffe!

Mi occupo di comunicazione interculturale, quindi non posso fare a meno di osservare il linguaggio del corpo che rivela così tanto della persona che ho di fronte.

E benché essere consapevoli di ciò che comunichiamo con il corpo sia un aspetto importante delle nostre relazioni, questa consapevolezza diventa cruciale nel contesto professionale soprattutto quando interagiamo con un’altra cultura.

Un’espressione del viso, un gesto, la postura assumono significati profondamente diversi nelle varie culture. E se non ne siamo consapevoli, rischiamo di commettere gaffe ed errori imbarazzanti che possono anche compromettere la trattativa con il potenziale partner o cliente straniero.

Questo è un caso eclatante che ho segnalato ne La tua Guida Pratica alla Comunicazione Interculturale: una visita ufficiale del premier Renzi negli Emirati Arabi che risale a gennaio 2015.
Nella guida ho scritto:

[…] non bisogna incrociare o accavallare le gambe quando si interagisce con un arabo. Mostrare la suola delle scarpe indica disprezzo e comunica un insulto alla cultura araba.

Ora guarda l’immagine qui sopra tratta dalla guida. ↑

Capisco che siamo abituati ad accavallare le gambe e lo facciamo quasi senza farci caso, ma qui si tratta di una vera e propria gaffe.
Dobbiamo dimostrare di conoscere i valori culturali di chi abbiamo di fronte e rispettare la diversità. In particolare quando siamo in un altro Paese.

comunicazione-interculturale-gaffe

Per questo insisto sull’importanza delle competenze della comunicazione interculturale.

Non tutti sono in grado di parlare fluentemente l’inglese – ecco perché esistono gli interpreti professionisti che ti possono affiancare – ma acquisire tali competenze interculturali, che vanno oltre la lingua, è alla portata di tutti, anche di un imprenditore che non conosce le lingue straniere.

Mi piacerebbe aiutarti nel mio piccolo. Ed è per questo che ho scritto La tua Guida Pratica alla Comunicazione Interculturale.
Coraggio! Aspetto una tua mail e la guida sarà tua.

Comunicazione interculturale: la tua guida pratica!

Qualche settimana fa avevo detto che stavo lavorando a un nuovo progetto previsto per la primavera. E il giorno atteso è finalmente arrivato!

Oggi ti presento La tua Guida Pratica alla Comunicazione Interculturale, un testo chiaro e utile per interagire in modo impeccabile con le altre culture.

La guida è finalizzata a fornirti le conoscenze indispensabili per conquistare clienti esteri, partner stranieri e migliorare il tuo approccio interculturale al di là delle barriere linguistiche.

Infatti questa guida è rivolta non solo ai professionisti delle lingue straniere, ma anche agli imprenditori con poche conoscenze linguistiche.

E sai perché?
Perché ne La tua Guida Pratica alla Comunicazione Interculturale troverai suggerimenti e indicazioni pratiche per utilizzare al meglio il linguaggio del corpo e scoprire cosa comunichi in modo inconsapevole, nonché conoscere il diverso significato culturale di gesti, postura, sguardo e tanto altro, evitando brutte figure e facendo un’ottima impressione sul tuo interlocutore straniero.

Il passo successivo? Conquistarlo nella trattativa commerciale mostrando di conoscere:

  • il modo più opportuno per gestire i tempi di lavoro (perché anche il tempo è un fattore influenzato dalla cultura);
  • gli stili comunicativi (il ruolo del silenzio, le domande chiuse, le interruzioni nella conversazione…).

E poi potrai apprendere le regole fondamentali da rispettare a tavola durante un pranzo o una cena di lavoro con il potenziale cliente estero, perché le buone norme cambiano a seconda delle culture.

La tua Guida Pratica alla Comunicazione Interculturale è un valido strumento se ad esempio partecipi a fiere di settore, come Cosmoprof o l’imminente Expo2015.
Ti invito quindi ad approfittarne, dato che puoi acquistarla a tariffa ridotta fino al 30 aprile!
Oppure puoi utilizzare la guida per ragioni personali, come bagaglio di conoscenze da mettere in pratica quando viaggi all’estero anche per motivi che esulano dal lavoro.

Per saperne di più, scoprire se la guida fa per te e leggere un’anteprima, ti invito a consultare l’apposita pagina qui sul sito!

Arricchiamoci delle nostre reciproche differenze.
Paul Valéry