2 cose fondamentali per lavorare come traduttore freelance

Mi sono laureata l’11 luglio 2013 e ricorderò sempre l’entusiasmo del 110 e lode, le lacrime, gli abbracci, i regali e le promesse sul futuro di quel giorno.

E ricordo il periodo da neolaureata, quando l’esaltazione elettrizzante è inevitabilmente seguita da un turbine di aspettative su te stessa e di pressioni sull’avvenire più o meno esplicite da parte degli altri.

Ho sempre avuto le idee chiare sulla professione: lavorare come traduttrice freelance.

Ma il percorso per riuscire a farlo a tempo pieno prevedeva una serie di tappe: formazione continua, lavoro sul personal branding, ricerca e contatto di clienti, studio e tanta pratica.

Per lavorare come traduttore freelance, ci sono alcuni fattori essenziali che definirei scontati: le competenze linguistiche nelle lingue di partenza e nella lingua madre e i settori di specializzazione, perché non si può essere tuttologi.

Eppure, due elementi sono spesso sottovalutati, ma in realtà rappresentano due requisiti fondamentali per lavorare come traduttore freelance.

La Partiva Iva

Inutile girarci intorno: se non hai la Partita Iva, pochi ti considerano un professionista. Certo, all’inizio puoi lavorare con la ritenuta d’acconto, ma non riuscirai a tradurre a tempo pieno: si tratta di prestazioni occasionali, collaborazioni saltuarie e incarichi non continuativi.

Quando ho aperto la Partita Iva, le cose sono decisamente cambiate. Non solo è aumentato il flusso di lavoro, ma ho anche potuto trovare clienti all’estero, che oggi sono la maggior parte rispetto a quelli italiani, e sono soprattutto in Francia.

I CAT Tools

I CAT Tools sono software di traduzione assistita con cui è possibile aumentare la produttività. Attenzione! Non si tratta di traduzione automatica, come l’orrido Google Translate, bensì di programmi in cui viene importato il file di partenza che poi il traduttore traduce nella lingua di arrivo, salvando ogni frase in segmenti che diventano memorie di traduzione.

Ormai è quasi impossibile lavorare senza un CAT Tool, soprattutto Trados, perché le agenzie di traduzioni lo considerano un requisito preferenziale nella scelta di un traduttore a cui affidare un progetto.

All’inizio ero un po’ scettica, perché pensavo che i CAT Tools fossero utili soprattutto per tradurre testi molto tecnici caratterizzati da tantissime ripetizioni e per garantire l’uniformità della terminologia specifica (un po’ come fanno i glossari).

Certo, costano parecchio (Trados costa diverse centinaia di euro), ma è un investimento profittevole, perché il flusso di lavoro aumenta in modo esponenziale. L’uso della tecnologia è ormai essenziale ed è parte integrante del processo traduttivo.

In alcuni progetti non uso Trados, ad esempio nelle traduzioni per l’audiovisivo, però ammetto che si rivela molto utile anche nelle traduzioni per il turismo, dove la creatività non manca e lo stile è decisamente scorrevole, ben diverso da quello di un manuale d’uso. E quando mi capita di tradurre migliaia di parole, come un progetto di quindicimila parole concluso di recente, un buon 25% di ripetizioni che vengono confermate da Trados perché sono parti che ho già tradotto in precedenza consente di ottimizzare i tempi e aumentare la produttività.

Oggi è difficile che un traduttore professionista possa definirsi tale senza questi due elementi. Che ne pensi?