Comunicazione interculturale: la tua guida pratica!

Qualche settimana fa avevo detto che stavo lavorando a un nuovo progetto previsto per la primavera. E il giorno atteso è finalmente arrivato!

Oggi ti presento La tua Guida Pratica alla Comunicazione Interculturale, un testo chiaro e utile per interagire in modo impeccabile con le altre culture.

La guida è finalizzata a fornirti le conoscenze indispensabili per conquistare clienti esteri, partner stranieri e migliorare il tuo approccio interculturale al di là delle barriere linguistiche.

Infatti questa guida è rivolta non solo ai professionisti delle lingue straniere, ma anche agli imprenditori con poche conoscenze linguistiche.

E sai perché?
Perché ne La tua Guida Pratica alla Comunicazione Interculturale troverai suggerimenti e indicazioni pratiche per utilizzare al meglio il linguaggio del corpo e scoprire cosa comunichi in modo inconsapevole, nonché conoscere il diverso significato culturale di gesti, postura, sguardo e tanto altro, evitando brutte figure e facendo un’ottima impressione sul tuo interlocutore straniero.

Il passo successivo? Conquistarlo nella trattativa commerciale mostrando di conoscere:

  • il modo più opportuno per gestire i tempi di lavoro (perché anche il tempo è un fattore influenzato dalla cultura);
  • gli stili comunicativi (il ruolo del silenzio, le domande chiuse, le interruzioni nella conversazione…).

E poi potrai apprendere le regole fondamentali da rispettare a tavola durante un pranzo o una cena di lavoro con il potenziale cliente estero, perché le buone norme cambiano a seconda delle culture.

La tua Guida Pratica alla Comunicazione Interculturale è un valido strumento se ad esempio partecipi a fiere di settore, come Cosmoprof o l’imminente Expo2015.
Ti invito quindi ad approfittarne, dato che puoi acquistarla a tariffa ridotta fino al 30 aprile!
Oppure puoi utilizzare la guida per ragioni personali, come bagaglio di conoscenze da mettere in pratica quando viaggi all’estero anche per motivi che esulano dal lavoro.

Per saperne di più, scoprire se la guida fa per te e leggere un’anteprima, ti invito a consultare l’apposita pagina qui sul sito!

Arricchiamoci delle nostre reciproche differenze.
Paul Valéry

Come tradurre il silenzio

 

Se non conosci la sua lingua, non comprenderai mai il silenzio dello straniero.

Stanislaw Jerzy Lec

Probabilmente ciò è vero anche per la cultura. Non è detto che bisogna conoscere la lingua dello straniero per comprendere il suo silenzio, ma forse è preferibile avere qualche nozione di comunicazione interculturale per evitare malintesi, soprattutto se stai negoziando con un potenziale cliente estero.

Per concludere la trattativa a tuo favore e non fraintendere l’interlocutore, è infatti opportuno curare la comunicazione paraverbale, cioè il modo in cui qualcosa viene detto. Questo aspetto include anche il silenzio.

Ti è mai capitato di sentirti a disagio di fronte al silenzio dell’altro?

Le differenze culturali si rivelano anche nel significato del silenzio, che assume un valore diverso a seconda delle circostanze, del contesto, della cultura di appartenenza di due o più interlocutori.

Rispetto

Le culture asiatiche, in particolare quella giapponese, attribuiscono un ruolo importante al silenzio: si tratta di una forma di rispetto nei confronti dell’interlocutore, la manifestazione di un ascolto attento alle parole dell’altro. Esattamente l’opposto di quanto saremmo portati a pensare.

Un italiano, un americano, un francese, un inglese penserebbero invece il contrario.

Ad esempio, uno di loro conclude un intervento, un discorso, o pone una domanda; si aspetta quindi una risposta o una reazione immediata da parte dell’altro. Il giapponese (o l’interlocutore asiatico) rimane in silenzio per qualche istante prima di prendere la parola. Allora l’altro pensa che c’è qualcosa che non va, magari non è stato capito, il messaggio non è giunto in modo efficace: avverte questa pausa come un momento di imbarazzo e magari interviene nuovamente per chiedere spiegazioni.

In questo modo il silenzio dell’altro non è stato rispettato, perché la sua pausa era voluta, era un momento di riflessione atto a dimostrare l’interesse suscitato dall’intervento, tale da meritare qualche istante di silenzio prima di prendere la parola. Ed è qui che la comunicazione fallisce.

In questi casi il silenzio è quindi una parte fondamentale del discorso. Pertanto occorre inserire un maggior numero di pause per rendere la nostra comunicazione efficace.

Imbarazzo

L’italiano, lo spagnolo, le culture mediterranee e, in genere, quelle occidentali, tendono a evitare il silenzio, ritenendolo una fonte di disagio, un aspetto da evitare nella comunicazione. Per questo si tende a riempire il “vuoto” con interventi o commenti banali, si preferisce parlare di nulla pur di eludere l’imbarazzo suscitato dal silenzio.

Quante volte hai parlato del meteo pur di riempire una pausa nella conversazione?
Oppure pensa all’irritazione che spesso provi di fronte a lunghi momenti di silenzio in un film, mentre una battuta o un dialogo anche privi di contenuti interessanti ti sembrano più naturali.

Per tali ragioni, l’italiano o le persone appartenenti alle culture citate qualche rigo più sopra appaiono come molto loquaci, intenti a chiacchierare in continuazione.

Occorre quindi ricordare il valore culturale del silenzio.

Ma il consiglio più utile è questo: rispettare sempre la cultura dell’altro, mostrare curiosità verso le differenze ed essere umili. La nostra cultura è solo una prospettiva possibile tra le tante e non si finisce mai di imparare. Anche dal silenzio.