Boyhood, una riflessione

L’altra notte ho visto i Golden Globe e sono lieta che Boyhood abbia vinto tre premi importanti e meritati (Miglior Film Drammatico, Miglior Regista e Migliore Attrice Non Protagonista), visto che è uno dei film del 2014 che più ho amato.

Il film suscita interesse già prima di vederlo. Boyhood è la storia di Mason, che vediamo crescere letteralmente nelle quasi tre ore di durata perché il film copre un lasso di tempo di 12 anni ed è stato girato nel corso di 12 anni.
Al di là di queste caratteristiche che lo rendono unico nel suo genere, Boyhood è un bellissimo film, un autentico spaccato di vita.

Ricordo che quando l’ho visto sono rimasta a dir poco colpita da un’affermazione di Mason, ormai adolescente, sulla realtà che ci circonda:

È come quando si resero conto che sarebbe stato troppo costoso creare un mondo di cyborg e di robot perché i costi erano impossibili. E così hanno lasciato che gli umani si trasformassero in robot. È questo che sta succedendo adesso. Ci sono miliardi di noi che se ne vanno in giro a non fare un accidente di niente. Noi non costiamo, anzi, siamo abbastanza bravi ad auto-mantenerci e a riprodurci in continuazione. E all’occorrenza siamo già biologicamente programmati per un piccolo upgrade a cyborg. Sul serio, ho letto questa cosa l’altro giorno su come quando senti l’avviso che ti è arrivata una mail e ti viene una scarica di dopamina lungo tutto il corpo. È come se venissimo premiati chimicamente per esserci fatti fare il lavaggio del cervello. È gravissimo questo. Siamo fregati.
(Boyhood)

Che te ne pare?

Per quanto mi riguarda, ho visto tanta verità in queste parole. Pensa alle decine di notifiche che ti arrivano ogni giorno: non solo sui social network come Facebook e Twitter, ma anche applicazioni come WhatsApp. E mentre passi il tempo a leggere e rispondere, la vita ti scorre davanti senza che te ne accorgi.

Per non parlare delle email, proprio come dice Mason in Boyhood. Quando l’email è il mezzo principale che usi per lavoro e i tempi di risposta sono importantissimi – come nel mio caso – tendi a controllare la casella di posta in continuazione.

Arriva una nuova mail? Magari è una richiesta importante, un nuovo progetto, una proposta da non perdere. E invece si tratta della solita newsletter che poi non apri neppure.

Anche tu hai questa esigenza di controllare compulsivamente le email? Cosa suggerisci per limitare questa pratica?

Due giorni, una notte e la dignità del lavoro

Due giorni, una notte: ho visto l’ultimo film dei fratelli Dardenne ed è stato come ricevere un pugno allo stomaco.

Due giorni, una notte è uno di quei film in cui il confine tra finzione cinematografica e amara realtà non si avverte. Ciò che vedi sullo schermo è la vita di una donna che potrebbe essere quella di ognuno di noi, alle prese con la precarietà lavorativa.

Di cosa parla il film?
Sandra (Marion Cotillard) è un’operaia che ha sofferto di depressione e sta per perdere il lavoro in una piccola azienda di pannelli solari. I suoi colleghi devono infatti scegliere tra un bonus di mille euro e la riassunzione di Sandra. La donna ha soltanto un fine settimana per convincerli a votare per il suo reinserimento in fabbrica, lottando contro l’esclusione.

Non c’è retorica in Due giorni, una notte. C’è la tragedia individuale, la disperazione del lavoratore che deve sostenere una battaglia per la propria dignità. Sandra è un’operaia, ma potrebbe essere una dipendente qualunque o una freelance. Perché spesso non c’è differenza tra la lotta per la sopravvivenza sul lavoro di un impiegato o di un lavoratore autonomo.

Questo film ti induce a riflettere perché non puoi fare a meno di immedesimarti in Sandra, ma anche nei suoi colleghi. Se fossi al loro posto, rinunceresti a mille euro quando hai spese da sostenere, una vita da costruire, una famiglia da mantenere o qualsiasi altra esigenza? Mille euro fanno comodo, ma optare per il bonus ti costringe a distruggere la vita di una persona che sta tentando di ricominciare, una persona che lotta contro la solitudine e lo fa per se stessa e per la famiglia.

La dolente malinconia negli occhi di Sandra si riflette nei volti dei suoi colleghi. Lei non li giudica, perché sa che scegliere il bonus non è sintomo di puro egoismo. E si sente in colpa, ma non vuole ricevere compassione. La sua è la lotta per la dignità del lavoro.

Potresti essere tu quando ti sembra di chiedere l’elemosina per il pagamento di una fattura da parte del tuo cliente, oppure quando temi di andare in esubero se per il sistema diventi una persona superflua. Tu, essere umano, spogliato dei tuoi diritti, non tutelato e trasformato in numero.

Due giorni, una notte ti sbatte in faccia il fallimento di una società. La nostra. Perché i numeri contano più delle persone e la solidarietà diventa quasi un lusso in un mondo costellato da solitudini disperate alle prese con i propri drammi.

Ma la lotta è necessaria. Due giorni, una notte mette in scena l’alienazione di una società alla deriva, eppure la soluzione allo sconforto è mostrare umanità.
Il motivo?
Alle becere logiche monetarie sopravvive una consapevolezza: se scelgo la distruzione del prossimo, sono un mostro, non un uomo. E difendere la dignità umana non è mai una debolezza.

Localizzazione e cinema: il caso dei remake

 

Che cos’è la localizzazione? Cosa c’è in comune tra la localizzazione e il cinema?

Chi non ha una particolare familiarità con l’industria della traduzione non sa in cosa consiste la localizzazione.

Localizzare significa adattare un testo, un prodotto o un sito web alle esigenze di un’altra cultura. Il prodotto localizzato è quindi destinato alla cultura di arrivo attraverso un processo di adattamento delle differenze culturali.

Un film può essere localizzato?
Sì. È il caso dei remake, quegli adattamenti cinematografici che differiscono per la nazionalità tra il film originale e il suo rifacimento. Il film originale può essere ad esempio danese (Non desiderare la donna d’altri di Susanne Bier) e poi adattato a un pubblico americano (Brothers di Jim Sheridan con Natalie Portman, Tobey Maguire e Jake Gyllenhaal).

Il fenomeno della localizzazione riguarda anche il cinema. Molti remake non sono semplicemente rifacimenti di film datati – classici e non – per attualizzare una storia a un pubblico diverso, come nel caso di Sabrina di Billy Wilder (1954) e il suo remake del 1995 diretto da Sydney Pollack; oppure Jane Eyre di Franco Zeffirelli (1996) e la sua versione più recente del 2011.

Spesso i remake consistono nell’adattamento di un film a una cultura specifica. Cambia il target e allora si adatta il prodotto cinematografico al pubblico di una cultura diversa, rendendolo accessibile a un maggior numero di spettatori che differiscono per gusti, usi, preferenze, conoscenza della settima arte rispetto al pubblico di riferimento del film originale.

Tra i casi più noti c’è The Departed di Martin Scorsese. Vincitore di quattro premi Oscar, la pellicola di Scorsese è tra le più acclamate degli ultimi anni. Ma non tutti sanno che questo film del 2006 è in realtà il remake di Infernal Affairs, film asiatico del 2002 con Andy Lau e Tony Leung. Anche se il film di Hong Kong ha riscosso un grandioso successo di critica, il suo potenziale di esportazione era limitato a un pubblico cinefilo.
Così Hollywood ha optato per una tendenza molto diffusa nel cinema americano: il remake di film di diversa nazionalità. E The Departed esercitava il suo appeal sul grande pubblico già a partire dall’illustre regista e dai nomi altisonanti del cast – Leonardo DiCaprio, Matt Damon e Jack Nicholson – fino al successo culminato agli Academy Awards.

per-un-pugno-di-dollariUn altro esempio prestigioso di remake in questo senso è un classico del cinema, Per un pugno di dollari (1964). Il film di Sergio Leone è infatti l’adattamento in salsa spaghetti western di Yojimbo di Akira Kurosawa (1961) che, benché sia stata una pellicola di grande influenza per la settima arte, ha valicato i confini del Giappone e consolidato il suo prestigio grazie al remake diretto da Leone. E sappiamo tutti quanto Per un pugno di dollari sia stato fondamentale nella consacrazione della leggenda di Clint Eastwood.

Non mancano tuttavia esempi di remake americani di dubbia necessità, come The Next Three Days (2010) di Paul Haggis con Russell Crowe ed Elizabeth Banks, tratto dal thriller francese Pour Elle, debutto alla regia di Fred Cavayé con Vincent Lindon e Diane Kruger.
Spesso Hollywood non resiste alla tentazione di adattare film ben riusciti in prodotti che puntano a un ampio target, sacrificando spesso la qualità e adottando una strategia di globalizzazione. Un esempio fra i tanti: Anthony Zimmer con Yvan Attal e Sophie Marceau proposto in un remake che mirava al successo di massa grazie ai nomi di Johnny Depp e Angelina Jolie (il mediocre The Tourist).

La localizzazione al cinema offre risultati eterogenei, che spaziano da remake decisamente non necessari a pellicole di assoluto pregio che contribuiscono ad alimentare la qualità della settima arte.

C’è un altro remake che merita di essere menzionato in questa categoria? Quali altri film aggiungeresti a questi esempi?

3 cose che puoi imparare da Mozart

Non è come pensi. Non vorrei esortarti a diventare un genio della musica come Mozart, ma suggerirti qualche consiglio per imparare qualcosa di utile per la tua vita.

Wolfgang Amadeus Mozart è un’ispirazione non solo per gli appassionati di musica classica. Nella figura di Mozart puoi trovare aspetti stimolanti come il suo estro creativo, la ricerca di un’occupazione adatta alle sue aspettative e la vocazione artistica inestinguibile.

Era senza dubbio un genio, ma non voglio farti la lezioncina sulle sue composizioni straordinarie, su come compose la sua prima opera all’età di cinque anni. Ti invito solo a prendere spunto da questi consigli per alimentare la tua motivazione.

Trai beneficio dalle pressioni dei tuoi genitori

Dotato di un talento precoce, Mozart ricevette un’intensa educazione musicale da parte del padre Leopold, che era compositore e insegnante di musica. Il bambino era talmente brillante da essere considerato un enfant prodige e fece una tournée musicale in Europa insieme ai genitori e alla sorella maggiore Nannerl, anche lei musicista (ma meno dotata del fratello prodigioso). Sollecitato dal padre, che nutriva grandi aspettative sul suo talento fuori dal comune, Mozart divenne un artista fenomenale: componeva, suonava il piano, il violino, il clavicembalo e l’organo, finché trovò servizio come musicista di corte a Salisburgo.

Siamo tutti bersaglio delle aspettative dei nostri genitori. Allora cerca di trarre vantaggio dalle loro pressioni nei tuoi confronti non solo per essere degno di loro e poter dare soddisfazioni, ma soprattutto per te stesso.
Hai un talento particolare, competenze che i tuoi genitori hanno voluto alimentare per il tuo futuro professionale? Allora mettile in pratica invece di lamentare un sentimento di oppressione. Utilizza le competenze acquisite nel tuo lavoro.

Sviluppa la tua memoria

Durante un soggiorno musicale a Roma nel 1770, ad appena quattordici anni Mozart riuscì a trascrivere interamente un’opera musicale dopo averla ascoltata soltanto due volte nella Cappella Sistina.
Nel capolavoro Amadeus di Milos Forman, la straordinaria capacità mnemonica di Mozart è mostrata nella scena in cui umilia Salieri suonando dopo un solo ascolto la marcetta di benvenuto da lui composta e riadattandola in un motivetto decisamente più brillante ed estroso che ricorda un’aria de Le Nozze di Figaro.

Perché non impari a potenziare la tua memoria?
Non ti sto invitando a sviluppare un orecchio musicale, ma a rafforzare le tue capacità mnemoniche. Sforzati di ricordare, di archiviare mentalmente le informazioni, invece di affidarle sistematicamente al cellulare o alle ricerche su internet. Certo, spesso è meglio appuntare e prendere nota, ma qualche esercizio di memorizzazione non guasta.
Ti ricordi quando a scuola ti facevano imparare le poesie a memoria? Era un piccolo allenamento mentale, ma puoi trovare altri modi per tenere la memoria in costante esercizio.

Dai una svolta alla tua professione

Mozart non sopportava le oppressioni dell’ambiente di corte di Salisburgo, così abbandonò il suo lavoro subordinato e si trasferì a Vienna, dove cercò impiego come libero artista. Nell’ambiente musicale tedesco Mozart fu il primo a lavorare come libero professionista.
A Vienna Mozart divenne il grande compositore che tutti conosciamo, componendo opere immortali, creazioni musicali su commissione, dando concerti come pianista e lavorando come direttore d’orchestra e compositore di corte. Guadagnò l’immortalità nel panorama musicale non solo grazie al suo talento creativo, ma anche attraverso le sue coraggiose scelte professionali.

Tenacia è la parola d’ordine. Non smarrire la tua determinazione sul lavoro, accogli il cambiamento, affina le tue competenze. Che tu sia dipendente o lavoratore autonomo, inoccupato o imprenditore, dimostra il tuo spirito d’iniziativa, cerca, sperimenta, sbaglia, migliora.

Non sono incosciente, sono soltanto pronto a tutto, e perciò posso tutto attendere e sopportare con pazienza, purché non ne soffrano il mio onore e il mio buon nome.
Wolfgang Amadeus Mozart