Abbiamo il permesso di fallire?

 

“Il successo è l’abilità di passare da un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo” diceva Winston Churchill.

Ma è così? Questa affermazione è valida sempre e comunque?

Siccome apparteniamo alla cultura occidentale, siamo inclini a condividerla e a lasciarci ispirare da questo principio. Nella vita è inevitabile misurarsi con il fallimento, ma ci sentiamo rincuorati nel pensare che può trattarsi di una fase, un gradino e un ostacolo da superare per raggiungere il traguardo prefissato.

Eppure una lettura di questo tipo non è universalmente motivante. Perché il fallimento è considerato in modo profondamente diverso in base alle culture.

USA e Occidente

La celebrazione di un successo personale può suscitare sentimenti contrastanti nell’altro: ammirazione, invidia, frustrazione, stima. Un’idea latente può restare senza risposta: perché lui sì e io no?

Allora preferiamo di gran lunga quelle storie di successo di cui conosciamo il retroscena amaro, fatto di tentativi falliti, sconfitte, perseveranza e coraggio, fino alla conquista del risultato. Ci riconosciamo in un cammino costellato di errori ma premiato dalla costanza.

Un esempio? J.K. Rowling.

Il manoscritto di Harry Potter e la Pietra Filosofale fu rifiutato ben 12 volte prima di trovare la casa editrice disposta a pubblicarlo vent’anni fa. E poi sappiamo tutti com’è andata. Harry Potter è diventato un successo letterario globale, nonché cinematografico, e senza dubbio quegli editori che hanno rifiutato il manoscritto della Rowling si sono pentiti amaramente.

Negli Stati Uniti e nelle culture occidentali in genere si celebra il percorso individuale con un’autentica ammirazione verso il rischio e l’intraprendenza. Quindi fallire è solo un intralcio temporaneo sulla strada del successo.

Giappone e Paesi Asiatici

Invece secondo la cultura giapponese, il fallimento professionale può danneggiare gravemente la reputazione e suscita un profondo imbarazzo.

Nelle culture asiatiche e arabe è importante salvare la faccia, quindi il fallimento non è tollerato, bensì penalizza il percorso di un individuo. Pertanto è meglio evitare di condividere storie di piccoli insuccessi personali o professionali per cercare un punto d’incontro tangibile – errare è umano, no? – quando si prova a instaurare una relazione professionale con un partner di queste culture.

Che cosa ne pensi?

Io sono d’accordo con Francis Scott Fitzgerald:

Mai confondere una singola sconfitta con una sconfitta definitiva.

Il significato dei fiori nelle culture

 

La primavera è la stagione dei fiori e della natura che rinasce. I colori e i profumi dei fiori sono apprezzati da tutti, quindi i fiori sono ampiamente utilizzati come decorazione, regalo o omaggio per consolidare una relazione.

Secondo il linguaggio dei fiori, ogni fiore ha un significato simbolico: la rosa rossa è associata all’amore e alla passione, la viola richiama il pensiero, la campanula comunica gratitudine. Sono soltanto alcuni esempi, ma sai bene che prima di regalare un bouquet è meglio scegliere con cura i fiori della composizione a seconda del destinatario dell’omaggio floreale.

Le difficoltà aumentano se consideriamo le differenze culturali: i fiori assumono un significato diverso nelle altre culture.

Pensa che in Giappone esiste un linguaggio dei fiori molto articolato, chiamato hanakotoba, che è di primaria importanza.

Se sei invitato a un pranzo o a una cena da un ospite di un’altra cultura e desideri offrire un mazzo di fiori, è meglio che tu conosca i diversi significati dei fiori a livello globale. Le differenze culturali riguardano ad esempio il tipo di fiore, il numero e i colori e possono anche influenzare un rapporto d’affari.

  • In Italia e in Russia il bouquet deve essere composto da un numero dispari di fiori. Ma occorre evitare il numero 13.
  • In molti Paesi arabi e asiatici, il bianco è il colore del lutto. Quindi è meglio non regalare fiori bianchi. Analogamente, il giallo è il colore del lutto in alcuni Paesi dell’America Centrale e Meridionale.
  • Alcuni fiori associati al lutto e alla morte: crisantemi (Italia), gigli (Inghilterra), garofani (Francia).
  • I papaveri rossi sono i fiori del Remembrance Day, il giorno di commemorazione delle vittime della Grande Guerra osservato a novembre nel Regno Unito. Così i papaveri rossi sono il simbolo del ricordo che vediamo spesso appuntato sugli abiti dei britannici in segno di memoria.
I fiori nel marketing

Spesso i fiori sono utilizzati nei materiali di marketing: cataloghi, logo, packaging e altri materiali includono foto di fiori oppure fiori stilizzati.

Però se un brand intende rivolgersi a una clientela internazionale, sarebbe meglio fare attenzione ai fiori presenti sul materiale promozionale. Consiglio di fare opportune ricerche sul target di riferimento per evitare brutte figure e per non suscitare una cattiva impressione.

I fiori hanno un’influenza misteriosa e sottile sui sentimenti, analogamente a certe melodie musicali. Rilassano la tensione della mente. Dissolvono in un attimo la sua rigidità.
Henry W. Beecher

Hai adattato la grafica del tuo materiale promozionale multilingue?

Se hai un’attività professionale che mira a intercettare i clienti all’estero, la traduzione del materiale promozionale è un passo fondamentale: cataloghi, brochure, sito aziendale, e-commerce e magari post sui social.

Ma dopo aver stabilito in quali lingue tradurre questi contenuti in base al mercato target, occorre aggiungere qualcos’altro per consolidare la strategia di marketing multilingue.

Si tratta della localizzazione, che comprende anche l’adattamento della grafica del materiale promozionale.

Molte aziende trascurano questa fase e, agli occhi del potenziale cliente straniero, non dimostrano di conoscere a fondo la cultura di riferimento.

Infatti le differenze culturali si riflettono anche nella grafica, ad esempio nella scelta e nella disposizione delle immagini, nonché nell’uso di colori e simboli.

Immagini

Nei Paesi occidentali, il senso di lettura va da sinistra verso destra. Ma in arabo si scrive e si legge da destra a sinistra, quindi la disposizione delle immagini dovrebbe tener conto di questa differenza quando si adatta un contenuto promozionale nella lingua araba.

Perciò non trascurare le differenze culturali nell’impaginazione!

Attenzione anche alle immagini che raffigurano le persone. Non scegliere modelli o immagini stock con uomini e donne occidentali, se stai adattando le immagini ai Paesi orientali.
Inoltre non offendere la sensibilità culturale di riferimento a causa della diversa percezione della nudità: una modella che espone alcune parti del corpo non è accettata da alcune culture del Medio Oriente.

Colori e simboli

Le differenze culturali si manifestano anche nell’uso dei colori. Ad esempio, il bianco è associato alla purezza e all’innocenza nei Paesi occidentali, mentre è il colore del lutto in Cina e in India.

Rifletti anche sulle emoticon e le faccine che ormai abbondano sui social network.
Il simbolo con il gesto del pollice in su associato al “mi piace” di Facebook può presentare alcuni problemi, perché non comunica sempre approvazione, condivisione e incoraggiamento come per gli europei e gli americani. Si tratta di un gesto volgare ed estremamente offensivo in alcune culture asiatiche e in Estremo Oriente.

Come puoi vedere, è indispensabile tener conto delle preferenze della cultura di riferimento quando si adatta non solo il testo ma anche la grafica del materiale promozionale multilingue.

Prima di stampare e pubblicare i tuoi contenuti, rifletti su questi elementi e avrai una marcia in più rispetto alla concorrenza. 😉

Scrivere email considerando le differenze culturali

Scrivere email è un’attività che fai ogni giorno, un processo ormai indispensabile nei rapporti commerciali in cui le parole diventano l’elemento fondamentale della comunicazione.

Quando scrivi una email, non puoi basarti sul linguaggio del corpo o sul tono della voce dell’interlocutore, quindi il rapporto professionale è interamente fondato sulle parole, che assumono un’importanza decisiva.

La situazione è decisamente più complessa nello scambio di email con un partner o cliente di un’altra cultura. Non devi tener conto soltanto delle barriere linguistiche, ma andare oltre l’aspetto prettamente linguistico e imparare a riconoscere le differenze culturali.

Le aspettative influenzano il modo in cui consideriamo le email:

  • una email breve e concisa è un segno di indelicatezza oppure di rispetto del tempo a disposizione del destinatario?
  • è preferibile un approccio più personale e amichevole quando scrivi una email o in questo modo la professionalità ne risente?

Sorpresa! Non esiste una risposta universale a queste domande, perché tutto dipende dalle differenze culturali, quindi devi essere in grado di adattarti allo stile di comunicazione dell’interlocutore a seconda della sua appartenenza a una cultura ad alto o basso contesto.

Culture ad alto contesto
Esempi: Germania, Stati Uniti, Francia
Le culture ad alto contesto preferiscono andare dritti al punto senza tanti giri di parole. Le informazioni richieste e fornite sono precise e chiare. Esiste una maggiore formalità, l’email è considerata un mezzo di comunicazione rapido e conciso e un approccio poco personale non deve essere interpretato come un segno di scortesia o freddezza.

Culture a basso contesto
Esempi: Cina, Giappone, Spagna
Le culture a basso contesto prediligono uno scambio di informazioni più dettagliato e un approccio più personale e informale. L’enfasi è posta sul rapporto interpersonale e non solo sul piano professionale. Prova a personalizzare l’email per stabilire una maggiore connessione con l’interlocutore, aggiungendo un tocco personale (esempi: “Spero che il viaggio di ritorno sia andato bene”, “Congratulazioni per il lancio del nuovo prodotto!”).

Il tempo e il fuso orario
La puntualità è sempre apprezzata, soprattutto quando si tratta di scadenze e tempistiche da rispettare. Anche la rapidità di risposta conta molto nello scambio di email.
Se rispondi alla email di un potenziale partner o cliente cinese dopo un giorno, considera che per lui sono trascorsi due giorni. Non dimenticare mai che il fuso orario influenza il tempo che intercorre nelle relazioni scritte.

Se mostri una maggiore sensibilità a questi aspetti quando scrivi email di lavoro, non solo riesci ad ampliare i tuoi orizzonti, ma hai anche la possibilità di stabilire rapporti professionali solidi e duraturi con chi sta dall’altra parte dello schermo.

Contatto fisico e distanza interpersonale: le differenze culturali

Con la comunicazione interculturale impari ben presto che il linguaggio del corpo varia a seconda delle culture. Oltre ad aspetti come la gestualità, la mimica e la postura, le differenze culturali si riflettono anche nella distanza fra due o più interlocutori e nel contatto fisico.

In genere la distanza interpersonale è maggiore quando non c’è confidenza o intimità. In un rapporto professionale la distanza fra due persone aumenta in virtù del contesto formale in cui si trovano gli interlocutori.

Ma il contatto è spesso inevitabile in molte culture asiatiche e in grandi città densamente popolate. Ad esempio, la distanza interpersonale è ridotta o quasi assente sui mezzi pubblici e non è diffusa la tendenza a scusarsi o a chiedere permesso, come invece fanno gli inglesi.

Ricordo che tempo fa, mentre visitavo i Musei Vaticani, mi capitò di osservare le differenze culturali proprio in una situazione di questo tipo: un cinese mi spintonò proseguendo nella sua direzione, mentre un inglese si scusò mentre mi superava senza neppure avermi sfiorato.

Per quanto il primo possa avermi infastidito, è importante non far scattare questo giudizio che, in virtù del nostro filtro culturale, sarebbe automatico: il primo visitatore è stato un maleducato, il secondo una persona cortese. Senza dubbio non bisogna generalizzare, ma ricorda che emettere giudizi sulle differenze culturali è una dimostrazione di ignoranza.

Inoltre il contatto fisico è più diffuso nella cultura araba, in quella brasiliana e nelle culture latinoamericane piuttosto che in quelle occidentali.

Invece nella cultura indiana si tende a evitare il contatto fisico tra uomini e donne, in quanto il rapporto fra i sessi è soggetto a convenzioni piuttosto rigide. Pertanto uomini e donne non si sfiorano in pubblico e nei contesti formali si mantiene una maggiore distanza.

E a te è mai capitato di osservare le differenze culturali di questo tipo?

3 capacità (non linguistiche) per comunicare con un’altra cultura

La comunicazione interculturale è alla portata di tutti?
Per rispondere a questa domanda, ho individuato tre requisiti necessari per comunicare efficacemente con un’altra cultura.

Si tratta di aspetti che vanno al di là delle lingue. Se non hai ottime competenze linguistiche, non è detto che tu non sappia comunicare con un potenziale cliente straniero, perché l’aspetto linguistico non è l’unico che influisce sulla comunicazione.

Infatti, anche se non conosci la lingua del tuo interlocutore straniero, puoi farti affiancare da un interprete professionista che ti permetterà di superare le barriere linguistiche. E tu puoi concentrarti su altri aspetti, come la comunicazione non verbale e il linguaggio del corpo, per conquistare il potenziale cliente o partner d’affari di un’altra cultura.

L’atteggiamento essenziale per una comunicazione interculturale efficace è la curiosità: rispettare l’interlocutore, mostrare apertura e tolleranza nei suoi confronti e non giudicare le differenze culturali.
Inoltre esistono altri elementi che dimostrano la tua capacità di interagire con un interlocutore straniero.

Questi sono i requisiti indispensabili per comunicare con un’altra cultura:

1. Capacità relazionali
Ti piace interagire con persone di un’altra cultura? Oppure ti senti a disagio a causa delle differenze culturali, nonché di quelle linguistiche?
Sono domande che ti devi porre per capire se relazionarti con l’interlocutore straniero suscita il tuo interesse e un desiderio di scoperta, fa risvegliare un diverso tipo di coinvolgimento, oppure scatena sensazioni di imbarazzo e difficoltà che inibiscono qualsiasi tentativo di interazione.

2. Empatia
L’empatia non è una qualità che riguarda soltanto la comunicazione con un interlocutore straniero, bensì con una persona qualsiasi.
Riesci a metterti nei panni dell’altro? Chiediti se sei in grado di guardare la realtà con occhi diversi, uscendo dal tuo solito orizzonte di pensiero, e immaginare la situazione dalla prospettiva dell’altro.

3. Adattabilità
Sei in grado di tollerare l’ambiguità, l’incertezza e l’imprevisto in uno scambio interculturale?
Devi adattare il tuo comportamento alle esigenze del momento e avere un atteggiamento flessibile, analizzando le reazioni della controparte e adeguando il tuo atteggiamento.

Se non possiedi queste capacità, niente panico: è possibile svilupparle e migliorarle col tempo.
Occorrono studio, tramite la lettura approfondita di pubblicazioni, articoli e guide, e tanta pratica, che puoi acquisire lavorando all’estero o in contatto con colleghi e clienti di un’altra nazionalità.

Non giudicare sbagliato ciò che non conosci, prendi l’occasione per comprendere.
Pablo Picasso

Cosa regalare e non regalare a un cliente o collega straniero

Mancano poche settimane a Natale e siamo già in fermento per la caccia al regalo. E non pensiamo solo a cosa regalare a parenti e amici, ma anche a colleghi o clienti, vero?

cosa regalareAllora vorrei soffermarmi su alcune buone norme internazionali che riguardano i regali. Magari stai pensando di non scrivere un semplice biglietto di auguri a un cliente o collega di un’altra nazionalità, vorresti regalargli qualcosa, ma hai una serie di dubbi. Del resto è già difficile scegliere un bel regalo per una persona cara, quindi come si fa a capire qual è il regalo più adatto a una persona di un’altra cultura?

Bisogna tenere presente le consuetudini perché il modo di offrire e ricevere un regalo, nonché l’oggetto stesso da regalare, cambia a seconda della cultura.

Per evitare di mettere a disagio l’interlocutore e fare regali inopportuni che possono creare imbarazzo a entrambe le parti, sarebbe meglio avere competenze di comunicazione interculturale così da avere una certa familiarità con le usanze di ciascuna cultura.

Vuoi spedire un regalo a un collega o cliente straniero che vive in un’altra parte del mondo? Ricorda queste norme di etichetta che possono davvero fare la differenza!
  • Un regalo costoso non è benaccetto nel rapporto d’affari con un inglese.
  • Non inserire mai il biglietto da visita nel regalo offerto a un francese. Scegli un regalo di qualità e confezionato con cura.
  • Un tedesco gradisce oggetti per l’ufficio. Devi evitare accessori o profumi, perché sono considerati troppo personali.
  • Regalare oggetti stravaganti mette a disagio uno spagnolo. Scegli un regalo ben confezionato.
  • Evita di fare doni troppo personali a un americano.
  • Il russo apprezza i regali locali. Gli uomini gradiscono molto gli alcolici, soprattutto se forti e caratteristici del Paese d’origine.
  • Non regalare mai alcolici a un arabo.
  • Il nero e il bianco sono considerati colori nefasti da un indiano. Evita di usarli per la confezione del regalo.
  • Non regalare un orologio a un cinese. L’orologio è un memento mori che evoca il trascorrere inesorabile della vita. Inoltre evita il colore bianco, anch’esso associato alla morte.
  • Il regalo è un elemento fondamentale nel rapporto d’affari con un giapponese. Vengono soprattutto apprezzati i regali caratteristici del Paese d’origine e di modesto valore economico.
E ora forza, corri a scegliere cosa regalare!

Abbigliamento e differenze culturali

Sai bene che l’abbigliamento ha un ruolo importante nelle impressioni che suscitiamo nell’altro. Ma non solo: bisogna prestare particolare attenzione all’abbigliamento soprattutto quando interagiamo con un interlocutore straniero in un contesto professionale.

Infatti le differenze culturali non riguardano soltanto aspetti come gli stili comunicativi, il linguaggio del corpo e la concezione del tempo, ma anche ciò che caratterizza l’abbigliamento formale, che è richiesto in occasione di fiere, trattative di lavoro e incontri d’affari.

L’abbigliamento formale di un uomo è costituito da camicia, pantaloni, giacca e cravatta. Invece la donna indossa uno dei simboli dell’eleganza femminile: un tailleur con gonna o pantaloni.

Tuttavia, esistono differenze culturali relative all’abbigliamento formale persino tra le culture occidentali. Ad esempio, l’abito formale di un americano è di un unico colore (nero, grigio o blu) e non può essere spezzato, con giacca e pantaloni di colori diversi, a differenza della consuetudine italiana.

L’abito spezzato non è formale neppure per un giapponese e un cinese. Per un cinese l’abito formale è sempre scuro con camicia bianca.

Le culture emergenti (e la Cina in particolare) non apprezzano il jeans indossato da un europeo, anche elegante e griffato, che è sempre associato a un contesto informale e non professionale. Eppure molti si ostinano a indossare il jeans in situazioni formali di carattere multiculturale, tutt’altro che consapevoli della brutta impressione suscitata.

Dovremmo invece e ricordare che possiamo comunicare e mostrare rispetto nei confronti dell’interlocutore straniero anche in base a come ci vestiamo.

E ora dimmi: in passato hai fatto caso al ruolo fondamentale dell’abbigliamento in un contesto multiculturale? Se hai qualche aneddoto a tale proposito, potresti raccontarlo nei commenti.

Ti andrebbe di scoprire altre curiosità sulle differenze culturali relative all’abbigliamento?
Ho approfondito questo aspetto ne La tua Guida Pratica alla Comunicazione Interculturale, che è disponibile a prezzo ridotto fino al 31 ottobre 2015.

Allora forza, aspetto una tua email. ♥

sorriso

Ma è vero che sorridiamo tutti nella stessa lingua?

“Everyone smiles in the same language” (cioè “tutti sorridono nella stessa lingua”) è una celebre frase molto diffusa sui social network, in grado di ispirare e suscitare la condivisione generale.
Del resto il sorriso è uno strumento molto potente che comunica disponibilità, accoglienza, apertura nei confronti dell’altro.

Di fronte a un sorriso ci sentiamo subito a nostro agio e percepiamo istintivamente di essere accettati.

Ma è proprio vero che sorridiamo tutti nella stessa lingua?

Non è detto. Perché anche il sorriso è un’espressione delle differenze culturali.

guida-comunicazione-interculturaleCosì come la mimica, lo sguardo e la gestualità, il sorriso manifesta un significato che non sempre corrisponde a quello che gli attribuiamo.
Ad esempio, nella cultura asiatica il sorriso non comunica necessariamente accordo e assenso. Talvolta il sorriso di un giapponese o di un cinese può significare disagio o imbarazzo (come ho avuto modo di apprendere a Pechino).

In questo caso l’interlocutore sorride perché, secondo la sua impostazione culturale, non bisogna esprimere apertamente il dissenso o l’incomprensione, bensì manifestarlo con un sorriso.
Oppure il sorriso è una reazione che comunica il disagio che la persona sta vivendo in un determinato momento, ma rischia di essere frainteso con il significato opposto, perché siamo abituati a interpretare un sorriso come emblema di felicità e benessere.

Allora cosa dobbiamo fare?
Dobbiamo semplicemente essere consapevoli che, a seconda della cultura, il sorriso può avere un significato diverso da quello che gli attribuiremmo in modo istintivo, quindi avere delle competenze relative alla comunicazione interculturale può essere d’aiuto.

Il contesto ha un ruolo fondamentale per evitare malintesi ed equivoci che possono compromettere un rapporto interpersonale o di lavoro anche a causa di un sorriso interpretato in modo errato.
Il segreto è imparare ad andare oltre la nostra prospettiva culturale e affidarci al contesto, senza dimenticare che il linguaggio del corpo nel complesso può aiutarci a interpretare correttamente un sorriso.

In fondo la bellezza di un sorriso è proprio questa: può racchiudere mille significati.

Un sorriso non dura che un istante, ma nel ricordo può essere eterno.
Friedrich von Schiller

Ghironda Summer Festival, un travolgente incontro di culture

Il Ghironda Summer Festival è una manifestazione all’insegna della multiculturalità in cui scoprire culture, tradizioni e artisti dei cinque continenti. Un’esperienza preziosa per vivere in prima persona i suoni, le suggestioni, i colori e le emozioni della cultura popolare di ogni angolo della Terra.

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La Ghironda è stata una bellissima occasione per incontrare culture provenienti da tutto il mondo. Grazie al suo spirito itinerante, puoi immergerti nella musica, la danza, l’arte e l’intrattenimento e rimanere affascinato dall’artigianato multietnico mentre (ri)scopri i luoghi storici della Puglia.

Sono tante le espressioni artistiche che mi hanno conquistato: dal reggae dei Microguagua alle illusioni di Sean Rooney del Cirque du Soleil, fino alle danze, le maschere, gli strumenti a percussione e l’ammaliante Danza del Fuoco degli indiani Milon Mela.

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E poi lo spettacolo offerto dagli acrobati Asante del Kenya, che lascia letteralmente senza fiato. asante-ghironda-2

Tra salti acrobatici, equilibrismi, piramidi umane e giochi di fuoco, gli artisti divertono con la loro simpatia e autoironia, sprigionando un’energia gioiosa e suscitando quel senso di stupore e meraviglia che si prova da bambini.

Mi hanno ammaliato i Sesto Sol di Città del Messico con le musiche, gli strumenti, le danze ipnotiche e i rituali degli Aztechi in omaggio al Sole, alla Luna e alla Terra, spiegando inoltre il significato dei costumi e delle tradizioni sempre vive della loro cultura. I ritmi e i movimenti incalzanti trasportano in altri luoghi, creando una suggestione travolgente.

E come i Sesto Sol, anche i peruviani Sayaka Inka hanno trasmesso un grande messaggio di fratellanza, che è alla base di questa manifestazione artistica e multiculturale.

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Come dimostra la Ghironda, la diversità è una ricchezza da accogliere, rispettare e ospitare, come se facessimo parte di una famiglia senza confini.