Il paradosso dell’intelligenza culturale

L’intelligenza culturale è la capacità di adattarsi e mostrare flessibilità in contesti caratterizzati da differenze culturali.

Si acquisisce con l’esperienza e la formazione, non è una dote innata. Richiede apertura mentale e consiste nell’uscire dalla propria bolla culturale.

In un periodo storico in cui la prospettiva da cui si guarda il mondo è considerata, ahimè, l’unica valida e giudicante, uno sguardo che contempla tutte le sfumature che ci circondano dimostra maturità.

Ma c’è un paradosso in tutto questo, la cui parola chiave è adattamento.

L’intelligenza culturale presuppone che ci si adegui a un contesto culturale contraddistinto dalla diversità.
In tal modo, non si pregiudica la legittimità dei propri valori, usanze e abitudini culturali? Del resto, la diversità di questo contesto include anche la propria cultura di appartenenza.

Andiamo nel dettaglio per capire meglio questo paradosso.

Se sei una persona che rispetta abbastanza gli orari concordati, perché dovresti essere tu a tollerare i ritardi degli altri? Perché è preferibile la puntualità da parte tua senza darla per scontata nel prossimo?
Se le differenze culturali contemplano l’autenticità dei propri valori e usanze, perché devi essere tu ad adattarti a un determinato contesto?

L’adattamento culturale non compromette l’autenticità?

In questa sfilza di domande, per me l’interrogativo chiave è questo: quanto occorre adattarsi quando si interagisce con altre culture?

Tutto parte dal tuo obiettivo. Il mezzo per raggiungerlo è un cambiamento di prospettiva.
Si tratta di mettere in pratica le competenze necessarie per portare a termine una missione, dal negoziare una proposta fino a ricevere la conferma di un progetto.

Segui la tua bussola interiore

Ti faccio un esempio.

Amo la puntualità, rispetto sempre l’orario stabilito e, anzi, gioco d’anticipo, non solo per la consegna di un progetto di lavoro ma anche nella vita personale.

Se devo interagire con persone che non rispettano la puntualità, come le culture latinoamericane, dovrei adattarmi al loro modo di fare e non sentirmi frustrata dal ritardo [per approfondire, iscrivendoti alla mia newsletter riceverai il file scaricabile 5 consigli per una riunione con un cliente straniero che tratta anche questo aspetto].

Abbiamo fissato una videoconferenza alle 16:00? In questo caso, so che il mio interlocutore non sarà puntuale e che dovrò aspettare una mezz’oretta.

Allora mi adatto. Magari non sarò già pronta a iniziare la videoconferenza alle 15:50, come farei di norma, e spaccherò il minuto dell’orario stabilito per ridurre il tempo in cui dovrò attendere il mio interlocutore.

Il motivo?
Perché presentarmi in ritardo, anche se so che l’altro non sarà puntuale, contraddice il valore che io do al tempo.
Quindi mi adatto al contesto specifico senza compromettere la mia autenticità.

Viviamo un mondo di complessità in cui non è tutto bianco o nero, bensì impreziosito da sfumature, tutte valide, tutte importanti. 🙂

Lavorare con altre culture: una questione di fiducia

Cosa lega i rapporti di lavoro più di ogni altra cosa?

La fiducia.

Una volta stabilita, la fiducia facilita le negoziazioni perché si impiega meno tempo ed energia nell’analisi del potenziale cliente o partner d’affari.

Ma come nasce?

Non da una stretta di mano o dal semplice passaparola. E le cose diventano più complesse quando si intende avviare una collaborazione con qualcuno di un’altra cultura.

Allora come si decide di fidarsi di un potenziale partner estero per stabilire un rapporto di lavoro?

Tutto varia in base ai fattori culturali e dipende da quanto si è incline a fidarsi degli altri nei rapporti sociali quotidiani.

Le differenze culturali influiscono sulla percezione della fiducia

Europa e Nord America

Le culture occidentali tendono a fidarsi del prossimo fino a prova contraria, anche in ambito lavorativo. Nonostante tale apertura nei confronti dell’altro, in genere si predilige verificare l’affidabilità di un potenziale partner o cliente o la credibilità di un’azienda.

Inoltre si preferisce separare l’aspetto personale da quello lavorativo. Pertanto la cordialità reciproca e la simpatia dell’interlocutore d’affari non corrispondono necessariamente a un rapporto solido: la sfera sociale è scissa da quella professionale.

Un rapporto cordiale va a beneficio di entrambe le parti, però non è la condizione essenziale per una collaborazione.

Estremo Oriente

In Estremo Oriente, la fiducia si basa sulla reputazione: occorre verificare la reputazione di un potenziale partner d’affari prima di avviare un’eventuale collaborazione.

Per farlo, un’azienda giapponese o coreana tende a fidarsi di quest’ultimo se c’è una terza parte coinvolta, nota a entrambe le parti. È essenziale non perdere la faccia, quindi la reputazione va preservata.

Poi occorre verificare le competenze.

Dato che queste culture non tollerano un no esplicito, talvolta tendono ad affermare di essere in grado di svolgere determinate mansioni o attività. Così occorre metterle alla prova dei fatti e appurare se tali competenze sono reali.

In caso di esito positivo, il passo successivo è socializzare: una cena d’affari dopo un incontro importante e le occasioni conviviali vengono incoraggiate per unire la sfera sociale a quella professionale.

Medio Oriente

Il rispetto è alla base della fiducia. Anche se l’altro non condivide i propri valori, ciò non impedisce di instaurare un rapporto di lavoro. La condizione fondamentale è mostrare rispetto per tali valori, benché non condivisi.

Come per le culture dell’Estremo Oriente, si verifica la reputazione di un potenziale partner o cliente prima di avviare una collaborazione. Le informazioni positive raccolte devono essere verificate, non vengono date per scontate.

Poi il rapporto si consolida confrontandosi su altri argomenti che esulano dal rapporto d’affari. Non si tratta soltanto di convenevoli, ma di un effettivo scambio di punti di vista in un contesto di convivialità.

America Latina

Il rapporto sociale precede quello professionale. Si cercano le similitudini, i valori condivisi, basando poi la collaborazione su tali affinità.

La fiducia si costruisce parlando ad esempio delle proprie famiglie o dei propri interessi, ossia ricorrendo ad argomenti in cui è difficile non essere sinceri. Dall’apertura e dalla trasparenza dimostrata in questo modo, nasce la fiducia necessaria per parlare di lavoro soltanto in un secondo momento.

Paese che vai

Ovviamente si tratta di principi generali per capire come muoversi. La loro rilevanza dipende dal caso specifico, dalla cultura di chi hai di fronte, dal settore merceologico.

Ma alla base della fiducia ci sono sempre questi quattro elementi: rispetto, reputazione, apertura e competenze.

Linguaggio non verbale nel digitale: come comunicarlo correttamente

Negli ultimi mesi, molti hanno dovuto imparare a lavorare e interagire a distanza con clienti e dipendenti.

Riunioni virtuali, email continue, formazione a distanza, videoconferenze: quando siamo distanti e c’è uno schermo che ci separa, confusione e incomprensioni sono dietro l’angolo.

Ad esempio, cosa si nasconde dietro un breve silenzio durante una videoconferenza? Distrazione, noia, ritardo nella comunicazione a causa di problemi di connessione?

Cosa provi quando ricevi la notifica di lettura relativa a una tua mail e il destinatario tarda a rispondere al tuo messaggio? Pensi che ti stia ignorando, che metta la tua richiesta in secondo piano o che sia semplicemente un maleducato?

Ebbene, si tratta di esempi di linguaggio non verbale in ambito digitale, una vera e propria sfida interpretativa quando per via dello schermo fra gli interlocutori.

Cos’è il linguaggio non verbale nel digitale?

La parola chiave per capirlo è come.

Oltre ai contenuti (cosa), significa prestare attenzione a come ti presenti e a come comunichi online.
Il linguaggio non verbale nel digitale aiuta a stabilire e mantenere buoni rapporti professionali con i propri interlocutori, creando un ambiente di lavoro positivo e virtuale.

Occorre intelligenza emotiva, ossia la capacità di individuare e gestire le proprie emozioni e quelle altrui, ma anche empatia.

Le regole per una corretta comunicazione non verbale nel digitale
  • Rispetta sempre i termini di consegna di un progetto.
  • Cura l’immagine del profilo (in particolare su LinkedIn): scegli una foto professionale evitando foto tratte dalle vacanze o insieme ad amici, figli o animali da compagnia.
  • Sii puntuale negli incontri virtuali.
  • Mantieni il contatto visivo durante la videoconferenza guardando lo schermo o la webcam e non spiando la tua immagine.
  • Presta attenzione allo sfondo nelle videochiamate: un letto sfatto, una pila di robe o il disordine comunicano trascuratezza e compromettono la tua professionalità.
  • Scegli l’ora più appropriata per inviare un messaggio, tenendo conto degli orari di lavoro e del fuso orario.
  • Non prolungare i tempi di risposta alle email, dato che in questo periodo si tenderebbe a pensare al peggio.
  • Non utilizzare emoji ambigue nelle email o sui canali social, ma veicola le tue emozioni con l’emoji giusta.
  • Evita il maiuscolo nell’oggetto e nel testo delle email: chi ti legge penserebbe che stai urlando. Intere frasi scritte in maiuscolo (con il tasto CAPS LOCK) comunicano aggressività, frustrazione e impazienza.

Non sono solo parole

Come puoi vedere, gli aspetti qui sopra riguardano la gestione del tempo e dello spazio e il linguaggio del corpo. La comunicazione verbale non è tutto, anzi.

Solo il 7% della comunicazione è influenzato dalle parole, ossia ciò che crediamo sia il fattore determinante: la comunicazione verbale è invece la parte che influisce meno.

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Le parole non bastano: con il linguaggio non verbale poni le basi per la fiducia e il rispetto con i tuoi collaboratori e clienti, a prescindere dalla distanza.

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Come gestire un incontro virtuale fra persone di culture diverse

A causa dell’emergenza sanitaria, molte riunioni e incontri sono approdati online durante il confinamento.

La necessità di continuare a garantire il distanziamento fisico induce a proseguire in questa direzione. Così gli incontri virtuali, non soltanto nel B2B, avvengono su Zoom, GoToMeeting, Webex e Skype.

Se i partecipanti parlano lingue diverse, la prima cosa da fare è ricorrere a un interprete professionista che opererà da remoto.

Anche se la piattaforma è online, entrano in gioco più o meno gli stessi fattori dei meeting in presenza, incluse le differenze culturali fra gli interlocutori, ossia collaboratori, clienti effettivi o potenziali, partner di culture diverse.

Ad esempio, cambiano le aspettative e gli stili comunicativi.

Come gestire le differenze culturali che si manifestano negli incontri virtuali?

Evitare i ritardi

Non ci sono scuse sul traffico o il ritardo dei mezzi pubblici che ti hanno impedito di arrivare puntuale al luogo della riunione. L’incontro è virtuale e dovresti organizzarti con il giusto anticipo per essere puntuale.

Infatti la concezione del tempo e la puntualità variano da una cultura all’altra: la puntualità è un requisito essenziale per un tedesco o un inglese, mentre è poco rispettata da un italiano o uno spagnolo.

Dopo aver fissato l’orario dell’incontro tenendo conto del fuso orario (e averlo specificato chiaramente), occorre rispettarlo a tutti i costi.

Meglio giocare d’anticipo per verificare la connessione internet e le impostazioni audio e video, evitando di perdere tempo con problemi tecnici che ritardano l’inizio della riunione.

Non rispettare il tempo dell’altro è un atto sgarbato ed egoista: con il tuo ritardo stai sprecando il suo tempo. Ed è un pessimo punto di partenza.

Concedere spazio ai convenevoli

Per alcune culture il tempo è denaro. Ad esempio, gli americani vanno subito dritti al punto per evitare di perdere tempo.

Invece per molte culture latinoamericane, arabe e orientali, occorre lasciare spazio ai convenevoli prima di andare al cuore della questione, perché si tratta di una forma di garbo.

Alla luce della pandemia che ha colpito tutto il pianeta, chiedere all’interlocutore come sta è una gentilezza da non trascurare che dimostra l’interesse per il suo benessere.

Esplicitare le regole della videoconferenza

Prima di passare ai punti all’ordine del giorno, è meglio chiarire come si svolgerà l’incontro virtuale: tenere il microfono muto durante l’intervento di un partecipante, alzare la mano o scrivere nella chat per prenotare un intervento, porre le domande alla fine di una presentazione.

L’interruzione è mal tollerata soprattutto nel contesto virtuale.

Rispettare i turni di parola

Non bisogna interrompere chi parla, il che può essere difficile per un italiano o un latinoamericano che tendono a introdursi in un intervento per dire la propria.

Se questa tendenza è generalmente considerata come una dimostrazione di scortesia e maleducazione, online è ancora più evidente e crea fastidiosi accavallamenti: tra i ritardi dell’etere, l’effetto eco e le voci che si sovrappongono, la concentrazione cala, si perde il filo del discorso e anche la pazienza.

Non dimenticare il follow up

Dato che gli incontri virtuali richiedono più energia e concentrazione di quelli in presenza, non è detto che tutti abbiano assimilato i punti trattati.

Allora è preferibile un follow up per iscritto alla fine della riunione: condividere i file di lavoro opportunamente tradotti, sollecitare commenti scritti e proseguire la conversazione per email, soprattutto se qualche partecipante si è sentito escluso o non è intervenuto durante la videoconferenza.

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Esci dalla tua bolla culturale

Ognuno di noi vive in una bolla, che in genere oggi assume i contorni di ciò che accade online.

I social media filtrano la vita, fanno passare alcune cose mentre si tace su altre e si finisce per osservare la vita dell’altro che appare così perfetta e instagrammabile.

Eppure è soltanto una (drammatica) bolla. Ce ne sono altre, come la bolla culturale.

Cos’è la bolla culturale?

È il modo in cui guardi il mondo filtrato dalla tua cultura di appartenenza.

Proprio come sui social i tuoi valori, opinioni e credenze sono consolidati dal feed personalizzato, anche in questo caso ti limiti a ciò che è già parte della tua cultura. Del resto tendi a seguire chi ha un’opinione simile alla tua e tali idee si irrobustiscono perché trovano conferma nelle poche fonti a cui ti affidi ogni giorno.

Ecco il paradosso: internet spalanca una finestra più grande sul mondo, ma in realtà restringe il campo visivo.

“Dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse”

Ricordi L’attimo fuggente?

Il professor Keating diceva agli studenti: “È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva“.

Se guardi le cose da un’angolazione diversa, impari a non cadere nella trappola del giudizio.

Riconoscere e capire i vari punti di vista ti aiuta a comprendere valori, usanze e differenze culturali. Certo, sono diversi dai tuoi, nessuno ti chiede di condividerli, ma non puoi giudicare qualcosa come inferiore o sbagliato semplicemente perché è diverso.

Si tratta di uscire dai confini della tua tribù, una comunità ristretta con cui condividi valori, usanze e convinzioni, e guardare dagli occhi dell’altro.

Mutando prospettiva, ti accorgi che esistono aspettative, bisogni, desideri, esigenze e priorità differenti. E se lavori con clienti, fornitori o partner di altre lingue e culture, tutto questo ti aiuta a raggiungere compromessi e accordi, a risolvere conflitti e a negoziare con maggiore consapevolezza.

Questa empatia è essenziale in un contesto multiculturale, un luogo tutt’altro che frustrante da abitare. Perché ci ricorda la complessità intrinseca di cui siamo fatti e che siamo la somma di tutto ciò che incontriamo sul nostro percorso.

Un percorso che non ha le pareti sottili di una bolla, ma che si perde nella vastità dell’orizzonte.

Comunicazione interculturale: la raccolta dei miei articoli

 

Culture diverse, valori diversi.
Sai che il modo in cui guardi il mondo è soltanto una delle tante prospettive possibili?

I gesti, lo sguardo, il contatto fisico, il passaggio dal formale all’informale, il galateo a tavola, l’ambiguità delle parole: le differenze culturali influenzano questi aspetti e non solo.

Per evitare gaffe e brutte figure è importante conoscerli. Soprattutto se vorresti conquistare l’interlocutore straniero per motivi professionali.

Una maggiore sensibilità verso questi aspetti è una marcia in più non solo sul piano lavorativo: guarderai la vita in modo diverso, con un pizzico di curiosità e di tolleranza nei confronti della diversità.

Ecco la raccolta di articoli dedicati a questo tema che ho pubblicato in questi anni sul blog.

Perché la comunicazione interculturale è alla portata di tutti, anche di chi ha scarse conoscenze linguistiche.

Per iniziare
3 capacità (non linguistiche) per comunicare con un’altra cultura
12 domande per sviluppare la tua curiosità interculturale
Esci dalla tua bolla culturale
Il paradosso dell’intelligenza culturale

Comunicazione non verbale
I gesti e gli italiani: la comunicazione oltre le parole
Non fare questa gaffe!
Ma è vero che sorridiamo tutti nella stessa lingua?
Contatto fisico e distanza interpersonale: le differenze culturali

Comunicazione verbale
Come tradurre il silenzio
Comunicare al telefono con uno straniero
Scrivere email considerando le differenze culturali
Quando sì significa no e potenziali disastri

Tempo, cucina, abbigliamento, regali
Viaggi: le regole del galateo a tavola nel mondo
Il tempo come fattore interculturale
Abbigliamento e differenze culturali
Cosa regalare e non regalare a un cliente o collega straniero
Il significato dei fiori nelle culture

Ti va di approfondire?

Puoi approfondire questi aspetti e tanti altri nella guida che ho scritto per aiutarti a conquistare potenziali partner e clienti stranieri.

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Quando sì significa no e potenziali disastri

Vorrei spiegarti una cosa che potrebbe sembrare paradossale ai tuoi occhi e che forse ti lascerà di stucco.
E per farlo ti racconto una breve storia.

Un docente di grafica sta tenendo una lezione in accademia a un ridotto numero di studenti, alcuni dei quali sono stranieri. Tra questi, c’è una studentessa cinese.

Il docente vuole assicurarsi che ognuno di loro abbia compreso i passaggi da eseguire, così si rivolge in privato al singolo studente e gli chiede: “Hai capito?”. La ragazza cinese risponde di sì. Ma quando esegue il compito assegnato, commette una serie di errori che dimostrano che non ha capito la spiegazione.

Allora perché aveva risposto affermativamente?

Stile diretto o indiretto

Lo stile della comunicazione può essere:
– diretto ed esplicito
– indiretto e implicito.

Le culture asiatiche hanno una maggiore tolleranza nei confronti dell’ambiguità. Per loro i giri di parole e il contesto sono molto importanti e occorre leggere tra le righe per interpretare correttamente una frase.

Lo stile diretto ed esplicito è invece tipico delle culture occidentali e mediterranee.

Queste differenze di stile si riflettono anche quando poniamo una domanda.

Posso farti una domanda?

Esistono diversi tipi di domanda, come le domande chiuse, ossia quelle a cui rispondere “sì” o “no” e che non richiedono una risposta articolata.

Per un cinese o un indiano, rispondere negativamente significa mancare di rispetto al proprio interlocutore o mettere in discussione la sua autorità.

Dato che è importante salvare la faccia, tendono a rispondere di sì anche se in cuor loro pensano l’opposto. Non è un atteggiamento servile o da yes man, bensì finalizzato a mantenere l’armonia e a non perdere la faccia.

Chi tace acconsente?

No!

Questo punto di visita è tipico degli italiani.

L’italiano esprime chiaramente il dissenso. L’affermazione del disaccordo è tipica delle culture mediterranee, mentre ad esempio gli inglesi tendono a sfumare il dissenso: hai presente quando la loro risposta inizia con “Yes…” e poi continuano con “but…”?

Fanno così perché prima sottolineano ciò su cui concordano e poi continuano la frase esprimendo ciò su cui non sono d’accordo.

Se l’altro non manifesta apertamente il proprio dissenso, non bisogna dare per scontato che sia d’accordo con te. Questa chiave di lettura è tipicamente italiana e non contraddistingue tutte le culture.

Morale:
La ragazza non aveva capito la spiegazione del docente. Ma aveva risposto di sì non perché è ottusa o bugiarda, ma per non mancare di rispetto.

Per alcune culture la risposta affermativa è una forma di riguardo ed educazione nei confronti dell’interlocutore.

Cosa fare in questi casi?

Se interagisci con qualcuno di una cultura che predilige uno stile indiretto e implicito, evita le domande chiuse. Cerca di ottenere una risposta realistica che faccia sentire l’altro a suo agio.

Sì, ci vuole un po’ di creatività. Ma del resto la comunicazione è un atto creativo. 🙂

12 domande per sviluppare la tua curiosità interculturale

La curiosità interculturale è l’atteggiamento di apertura nei confronti delle differenze culturali.

Come puoi sapere se sei animato da questo tipo di curiosità oppure se temi che i tuoi valori siano messi in discussione dalla diversità?

Forse pensi di avere questo tipo di apertura mentale e lo dici anche ad alta voce, ma in realtà preferisci restare nel tuo sicuro mondo di certezze per non compromettere la tua visione.

Come dico sempre, la comunicazione interculturale è alla portata di tutti, anche di chi ha scarse conoscenze linguistiche.

Così ho preparato alcune domande per aiutarti a scoprire se hai un pizzico di curiosità interculturale e a sviluppare questo atteggiamento.

Magari alcune di queste domande ti faranno sentire un po’ a disagio. Ma non è un’interrogazione, nessuno ti obbliga a rispondere ad alta voce o per iscritto.
Puoi riflettere in silenzio su ciascuna domanda e rispondere in cuor tuo. Nessuno ti giudicherà, puoi fare questo esercizio in completa autonomia.

Iniziamo!

  • Ascolto attivamente l’altro?
  • Mi piace scoprire qualcosa di nuovo sulle altre culture?
  • Dedico del tempo alla ricerca e alla comprensione delle differenze culturali?
  • Tendo a giudicare ciò che è diverso da me?
  • Che cosa provo quando scopro valori diversi da quelli della mia cultura?
  • Nella cerchia delle mie conoscenze, ci sono persone di altre nazionalità?
  • Riesco a mettermi nei panni dell’altro?
  • Come reagisco se commetto una gaffe a causa delle differenze culturali?
  • Cerco attivamente nuove occasioni di confronto con qualcuno di un’altra cultura?
  • Sono disposto a mettere in discussione la mia visione del mondo?
  • Mostro apertura nei confronti della diversità?
  • Quali opportunità posso sfruttare per interagire con persone di una cultura diversa dalla mia?

Di certo non è stato facile rispondere a ogni quesito, ma spero che adesso le tue idee siano più chiare.

Se ti va di condividere cosa hai scoperto rispondendo a queste domande, aspetto la tua riflessione nei commenti. 🙂

Le mie impressioni sul Freelancecamp Roma

Il 16 giugno 2017 si è svolta la prima edizione del Freelancecamp Roma, il barcamp dei freelance che dal 2012 si tiene ogni anno a Marina Romea.

Ho partecipato all’edizione romana e, come mi aspettavo, l’evento è stato assolutamente stimolante e ricco di spirito costruttivo. Questo raduno di freelance non è soltanto un momento di formazione, ma è soprattutto una giornata all’insegna del networking.

Puoi scoprire la storia e le diverse sfumature del lavoro indipendente, visto che si riuniscono diverse figure professionali.
Ma la cosa più bella è il piacere di aver conosciuto di persona diverse colleghe conosciute online, trovando una piacevole sintonia e incontrando volti nuovi o familiari che hanno qualcosa da raccontare.

Fonte: @zarina1973

Fonte: @zarina1973

Nel corso della giornata, si sono susseguiti diciotto interventi: alcuni davvero brillanti e ricchi di spunti, altri un po’ meno. Perché il Freelancecamp è l’occasione perfetta per confrontarsi con altri liberi professionisti: la condivisione delle esperienze ti porta a pensare che siamo un po’ tutti sulla stessa barca e ci fa sentire meno soli.

Così ho apprezzato l’intervento di Francesca Manicardi di Punto F che ha presentato il Freelance Lab e nel suo speech ha toccato vari punti che sono stati affrontati anche da altri speaker. Tra questi, il rapporto con i soldi e il coraggio di parlarne apertamente e con simpatia come ha fatto Alessandra Farabegoli, una degli ideatori del Freelancecamp, che ci ha ricordato che gli equilibri cambiano e l’importanza dei bilanci nella nostra vita professionale.

Donata Columbro ha illustrato un’appassionante metafora tra il freelance e il maratoneta, mentre Simona Sciancalepore ci ha fatto sorridere con i “mai senza” del freelance, tra cui il confronto, l’attività fisica, il prosecco, il pianto e le risate.

Senza dimenticare l’importanza della gestione del tempo, riducendo le distrazioni e le attività sterili, imparando a disconnettersi per migliorare lo stile di vita.

Oppure due importanti moniti di PeopleBranding:

  1. Lavorare gratis significa diminuire la qualità percepita del tuo servizio. Meditate, gente, meditate.
  2. Per quanto il branding e la promozione di se stessi possano aiutarci nel mercato, non sono tutto, anche se oggi inseguiamo la visibilità. Sono le competenze, le conoscenze e le relazioni instaurate a trasmettere al cliente la qualità del lavoro del professionista.

Paolo Cappelli si è soffermato sull’importanza del perché facciamo il nostro lavoro, che ci porta a riflettere sulla nostra unicità. E in questo modo possiamo anche imparare a innovare o a colmare alcune lacune del mercato, differenziandoci dalla concorrenza.
Ho amato particolarmente il suo speech perché analizzava diversi aspetti che sostengo da sempre, come l’importanza dell’empatia nella relazione con il cliente, che ti porta a unire il tuo perché al suo. E soprattutto il ruolo essenziale delle competenze e della comunicazione interculturale quando vuoi vendere un servizio o un prodotto all’estero.

Ecco i video degli speech che ho apprezzato di più. Puoi vedere tutti gli interventi sul sito del Freelancecamp e le foto ufficiali scattate da Giuliana Corrado e Sara Soldano.

Francesca Manicardi – Vademecum per aspiranti freelance

Augusto Pirovano – Come presentare e vendere partendo dai problemi

Donata Columbro – Run like a freelance

Alessandra Farabegoli – I bilanci dei freelance

Paolo Cappelli – Internazionalizzazione del freelance: aprirsi al mercato globale

Cristiano Nordio e Gianluca Fiscato (PeopleBranding) – Dare un prezzo al proprio valore

Matteo Uguzzoni – Seneca, il cash e un quaderno giapponese

Simona Sciancalepore – Come sopravvivere ai mali del freelance

E come dice Alessandra Farabegoli: “Freelancecamp è smettere di lamentarsi e cominciare a cambiare”. 😀

Il significato dei fiori nelle culture

 

La primavera è la stagione dei fiori e della natura che rinasce. I colori e i profumi dei fiori sono apprezzati da tutti, quindi i fiori sono ampiamente utilizzati come decorazione, regalo o omaggio per consolidare una relazione.

Secondo il linguaggio dei fiori, ogni fiore ha un significato simbolico: la rosa rossa è associata all’amore e alla passione, la viola richiama il pensiero, la campanula comunica gratitudine. Sono soltanto alcuni esempi, ma sai bene che prima di regalare un bouquet è meglio scegliere con cura i fiori della composizione a seconda del destinatario dell’omaggio floreale.

Le difficoltà aumentano se consideriamo le differenze culturali: i fiori assumono un significato diverso nelle altre culture.

Pensa che in Giappone esiste un linguaggio dei fiori molto articolato, chiamato hanakotoba, che è di primaria importanza.

Se sei invitato a un pranzo o a una cena da un ospite di un’altra cultura e desideri offrire un mazzo di fiori, è meglio che tu conosca i diversi significati dei fiori a livello globale. Le differenze culturali riguardano ad esempio il tipo di fiore, il numero e i colori e possono anche influenzare un rapporto d’affari.

  • In Italia e in Russia il bouquet deve essere composto da un numero dispari di fiori. Ma occorre evitare il numero 13.
  • In molti Paesi arabi e asiatici, il bianco è il colore del lutto. Quindi è meglio non regalare fiori bianchi. Analogamente, il giallo è il colore del lutto in alcuni Paesi dell’America Centrale e Meridionale.
  • Alcuni fiori associati al lutto e alla morte: crisantemi (Italia), gigli (Inghilterra), garofani (Francia).
  • I papaveri rossi sono i fiori del Remembrance Day, il giorno di commemorazione delle vittime della Grande Guerra osservato a novembre nel Regno Unito. Così i papaveri rossi sono il simbolo del ricordo che vediamo spesso appuntato sugli abiti dei britannici in segno di memoria.
I fiori nel marketing

Spesso i fiori sono utilizzati nei materiali di marketing: cataloghi, logo, packaging e altri materiali includono foto di fiori oppure fiori stilizzati.

Però se un brand intende rivolgersi a una clientela internazionale, sarebbe meglio fare attenzione ai fiori presenti sul materiale promozionale. Consiglio di fare opportune ricerche sul target di riferimento per evitare brutte figure e per non suscitare una cattiva impressione.

I fiori hanno un’influenza misteriosa e sottile sui sentimenti, analogamente a certe melodie musicali. Rilassano la tensione della mente. Dissolvono in un attimo la sua rigidità.
Henry W. Beecher